Wednesday, July 30, 2008
PARASOLE, 2.0
Torna il parasole, vezzo vittoriano per signorine dalla carnagione lattea. Nella sua versione moderna pare uno scudo per globetrotter metropolitane. Ovviamente è giapponese.
Tuesday, July 29, 2008
QUESTI PANTALONI SONO IL MUST-HAVE DELL'ESTATE...
...così dicono sul New York Times a proposito dei boyfriend jeans del marchio americano Current/Elliot.
A vederli così sembrano l'opzione perfetta per la stagione: taglio pulito, morbidi e versatili. Non aderenti, ma neanche larghissimi. Molto meglio degli skinny, che con questo caldo sono in cima alla lista dei miei incubi!
Certo, sarebbero da provare, e a questo proposito ho mandato un'email alla compagnia per avere una lista di negozi, nel frattempo sono disponibili su Eluxury, ma non fatevi ingannare dalla foto poco attraente!
PS: l'intero catalogo Current/Elliott è adorabile! Voglio ogni cosa.
A vederli così sembrano l'opzione perfetta per la stagione: taglio pulito, morbidi e versatili. Non aderenti, ma neanche larghissimi. Molto meglio degli skinny, che con questo caldo sono in cima alla lista dei miei incubi!
Certo, sarebbero da provare, e a questo proposito ho mandato un'email alla compagnia per avere una lista di negozi, nel frattempo sono disponibili su Eluxury, ma non fatevi ingannare dalla foto poco attraente!
PS: l'intero catalogo Current/Elliott è adorabile! Voglio ogni cosa.
CONSIDERAZIONI SUGLI UOMINI IN GONNELLA
Ieri sono rimasta incollata allo schermo (e non credo di essere stata la sola) davanti a questa foto di Scott Schuman.
Con la foto, una considerazione sul fatto che la questione sull'accettabilità degli uomini in gonna resta aperta.
I commentatori non si sono risparmiati, e sebbene molti siano rimasti affascinati dall'immagine qui sopra, tantissimi hanno risposto con un no secco all'idea di un uomo in gonna. Ovviamente c'è chi ha citato i kilt scozzesi e i costumi delle tribù malesi, ma questa foto ha presentato una nuova prospettiva per l'uomo in gonnella.
La gonna qui sopra sembra più una bandiera indossata a pareo, ma anche se le scarpe, la camicia e la cravatta fanno pensare ad un'incidente di percorso nascosto con un grembiule improvvisato, non posso fare a meno di pensare che questo sia uno degli outfit maschili più riusciti che io ricordi. Uno che mi resterà impresso fra tutti quelli scattati dal signor Schuman. La gonna non toglie mascolinità, anzi. E' aggressiva, elegante, un po' etnica e, passatemi il termine, stilosissima. Complice forse il fisico magro e tonico, e va detto che spesso gli uomini hanno gambe molto più belle rispetto alle donne, e perchè non dovrebbero metterle in mostra?
Come un commentatore anonimo ha osservato, in risposta a tutti i commenti negativi, è che la gonna di per sè non ha niente di strano, se non per alcune culture. Non c'è niente di male nella gonna in sè indossata dagli uomini, siamo noi che la vediamo come un capo strano e inappropriato. E' indubbio che nella cultura occidentale nessun uomo si potrebbe mai presentare in un ufficio senza pantaloni, non verrebbe preso sul serio. Vorrei certo sapere l'opinione dei blogger maschi a proposito, perchè resta sempre un tema che mi sta a cuore.
A me la gonna sugli uomini piace moltissimo. L'anno scorso ad Amsterdam sono rimasta affascinata dalla nonchalance con cui il giovane commesso di una boutique alla moda indossasse un kilt scozzese nei toni del verde, abbinato a sneakers e maglioncino lilla. Non c'era niente di femminile, il look non escludeva virilità: era semplicemente un bel look, bello da vedere e non certo inappropriato. Non sto parlando della vulnerabilità e debolezza presentata da Miuccia Prada qualche tempo fa, la gonna sugli uomini non deve privarli per forza della loro virilità, può forse diventare uno strumento per portarla ad un livello superiore.
Con la foto, una considerazione sul fatto che la questione sull'accettabilità degli uomini in gonna resta aperta.
I commentatori non si sono risparmiati, e sebbene molti siano rimasti affascinati dall'immagine qui sopra, tantissimi hanno risposto con un no secco all'idea di un uomo in gonna. Ovviamente c'è chi ha citato i kilt scozzesi e i costumi delle tribù malesi, ma questa foto ha presentato una nuova prospettiva per l'uomo in gonnella.
La gonna qui sopra sembra più una bandiera indossata a pareo, ma anche se le scarpe, la camicia e la cravatta fanno pensare ad un'incidente di percorso nascosto con un grembiule improvvisato, non posso fare a meno di pensare che questo sia uno degli outfit maschili più riusciti che io ricordi. Uno che mi resterà impresso fra tutti quelli scattati dal signor Schuman. La gonna non toglie mascolinità, anzi. E' aggressiva, elegante, un po' etnica e, passatemi il termine, stilosissima. Complice forse il fisico magro e tonico, e va detto che spesso gli uomini hanno gambe molto più belle rispetto alle donne, e perchè non dovrebbero metterle in mostra?
Come un commentatore anonimo ha osservato, in risposta a tutti i commenti negativi, è che la gonna di per sè non ha niente di strano, se non per alcune culture. Non c'è niente di male nella gonna in sè indossata dagli uomini, siamo noi che la vediamo come un capo strano e inappropriato. E' indubbio che nella cultura occidentale nessun uomo si potrebbe mai presentare in un ufficio senza pantaloni, non verrebbe preso sul serio. Vorrei certo sapere l'opinione dei blogger maschi a proposito, perchè resta sempre un tema che mi sta a cuore.
A me la gonna sugli uomini piace moltissimo. L'anno scorso ad Amsterdam sono rimasta affascinata dalla nonchalance con cui il giovane commesso di una boutique alla moda indossasse un kilt scozzese nei toni del verde, abbinato a sneakers e maglioncino lilla. Non c'era niente di femminile, il look non escludeva virilità: era semplicemente un bel look, bello da vedere e non certo inappropriato. Non sto parlando della vulnerabilità e debolezza presentata da Miuccia Prada qualche tempo fa, la gonna sugli uomini non deve privarli per forza della loro virilità, può forse diventare uno strumento per portarla ad un livello superiore.
Friday, July 25, 2008
ANCORA COLLETTI...NON ODIATEMI!
La mia ossessione per i colletti è ormai nota. Da qualche settimana non penso ad altro. E' abbastanza buffo il fatto che io poi non possegga nessun colletto, e daltronde, non è proprio la cosa più popolare da trovare in negozio. Un colletto necessita ricerce accurate, pazienza, perseveranza. Questo rende i colletti a me così cari. Un colletto attaccato ad una camicia o a un vestito non mi dice poi molto. Mi da anzi anche un po' fastidio. Ma un colletto da solo, questa è tutta un'altra storia. Versatile, ironico, curioso: è tutto quello che voglio in un accessorio.
Marc Jacobs ha capito bene l'importnza dei colletti, e nella sua ultima collezione per Louis Vuitton si è concentrato su colli e scolli quanto basta a creare una buona quantità di spunti interessanti. Colli di camicia oversize, minicolletti di raso sapientemente ripiegati, maxiscollature gonfie di ruches: ce n'è per tutti i gusti, o almeno abbastanza per riempire la mia lista dei desideri. E' un peccato che questi colli siano attaccati, perchè sono sicura che potrei farne un uso migliore se fossero indipendenti.
[Come al solito, click per ingrandire - che sia ora di assumere un grafico per risolvere i miei problemi di nanismo fotografico?]
Un colletto però è saltato all'occhio: da Vogue dicono sia una collana (e in effetti è d'argento, quindi in teoria si qualifica come collana), ma ha la forma di un colletto di camicia con qualche piega in più. E' bellissima, decadente e perfetta per l'uso che ne farei io (quello che probabilmente non è perfetto è il prezzo, alla modica cifra di quattromiladuecento sterline. Ma non si può avere tutto nella vita).
Certo, sarebbe ora che la smettessi di parlare e passassi all'azione, ovvero all'acquisto di questi tanto agognati colletti (in realtà ne posseggo uno, ma è decisamente invernale quindi rimando la sua presentazione ufficiale a un momento più consono). Ma, come avrete capito, un colletto non è una cosa che puoi comprare da H&M spendendo dieci euro (principalmente perchè non mi risulta che H&M venda colletti).
E continuando la mia ricerca per il colletto perfetto (al prezzo perfetto), o per lo meno finchè mi decido a costruirmene uno da sola (che probabilmente faccio prima), ho trovato una serie di colletti-ossessione. Questi sono i colletti di cui avrei voluo scrivere, prima che Marc Jacobs si mettesse in mezzo. Questi colletti vintage trovati per puro caso su Couture Lab, dal prezzo comunque proibitivo, ma bellissimi.
Secondo Couture Lab sono collane francesi in pizzo vittoriano del diciannovesimo secolo: la descrizione non fa che aumentarne la desiderabilità per me. Fatte a mano con pezzi di pizzo, tulle e perline vintage, arrangiate a forma di grembiule (e infatti si possono indossare anche come gonnellino, cosa che non avevo considerato ma a cui potrei pensare), sono un modello di colletto che non avevo mai visto e che mai avrei potuto immaginare. Se andate qui poi potete vederli in dettaglio, io ero praticamente in lacrime per la bellezza e i prezzi. Sebbene il mio ultimo progetto D.I.Y. non sia (ancora ) andato in porto, sono pronta a buttarmi a capofitto in uno nuovo. Forse cucire insieme qualche pezzo di stoffa è meno laborioso di attaccare miliardi di perline, no?
Già che parlo di colletti, aggiungo un'ultima cosa su cui mi sono ossessionata di recente. Si tratta dei colli decorativi indossati dalle donne delle tribù Samburu del Kenya centro-settentrionale: chili e chili (presumo) di perline coloratissime per un collo dalle dimensioni e dall'aspetto fin troppo sgargiante. Il perfetto sviluppo (o gli antenati?) del colletto di Peter Jensen. Trovo che queste donne siano bellissime, i loro costumi coloratissimi in contrasto con i capelli cortissimi sono un piacere da guardare. Adotterei volentieri i loro colli, da indossare con la solita T-shirt monocromatica e i jeans. Certo, non so se avrei il coraggio di indossarne così tanti, ma magari una via di mezzo, giusto per ottenere un'effetto drammatico e allo stesso tempo non sembrare vestita in maschera.
Prometto, la prossima volta che scriverò di colletti sarà perchè ho qualcosa da mostrare, e non solo una lista sconclusionata!
Marc Jacobs ha capito bene l'importnza dei colletti, e nella sua ultima collezione per Louis Vuitton si è concentrato su colli e scolli quanto basta a creare una buona quantità di spunti interessanti. Colli di camicia oversize, minicolletti di raso sapientemente ripiegati, maxiscollature gonfie di ruches: ce n'è per tutti i gusti, o almeno abbastanza per riempire la mia lista dei desideri. E' un peccato che questi colli siano attaccati, perchè sono sicura che potrei farne un uso migliore se fossero indipendenti.
[Come al solito, click per ingrandire - che sia ora di assumere un grafico per risolvere i miei problemi di nanismo fotografico?]
Un colletto però è saltato all'occhio: da Vogue dicono sia una collana (e in effetti è d'argento, quindi in teoria si qualifica come collana), ma ha la forma di un colletto di camicia con qualche piega in più. E' bellissima, decadente e perfetta per l'uso che ne farei io (quello che probabilmente non è perfetto è il prezzo, alla modica cifra di quattromiladuecento sterline. Ma non si può avere tutto nella vita).
Certo, sarebbe ora che la smettessi di parlare e passassi all'azione, ovvero all'acquisto di questi tanto agognati colletti (in realtà ne posseggo uno, ma è decisamente invernale quindi rimando la sua presentazione ufficiale a un momento più consono). Ma, come avrete capito, un colletto non è una cosa che puoi comprare da H&M spendendo dieci euro (principalmente perchè non mi risulta che H&M venda colletti).
E continuando la mia ricerca per il colletto perfetto (al prezzo perfetto), o per lo meno finchè mi decido a costruirmene uno da sola (che probabilmente faccio prima), ho trovato una serie di colletti-ossessione. Questi sono i colletti di cui avrei voluo scrivere, prima che Marc Jacobs si mettesse in mezzo. Questi colletti vintage trovati per puro caso su Couture Lab, dal prezzo comunque proibitivo, ma bellissimi.
Secondo Couture Lab sono collane francesi in pizzo vittoriano del diciannovesimo secolo: la descrizione non fa che aumentarne la desiderabilità per me. Fatte a mano con pezzi di pizzo, tulle e perline vintage, arrangiate a forma di grembiule (e infatti si possono indossare anche come gonnellino, cosa che non avevo considerato ma a cui potrei pensare), sono un modello di colletto che non avevo mai visto e che mai avrei potuto immaginare. Se andate qui poi potete vederli in dettaglio, io ero praticamente in lacrime per la bellezza e i prezzi. Sebbene il mio ultimo progetto D.I.Y. non sia (ancora ) andato in porto, sono pronta a buttarmi a capofitto in uno nuovo. Forse cucire insieme qualche pezzo di stoffa è meno laborioso di attaccare miliardi di perline, no?
Già che parlo di colletti, aggiungo un'ultima cosa su cui mi sono ossessionata di recente. Si tratta dei colli decorativi indossati dalle donne delle tribù Samburu del Kenya centro-settentrionale: chili e chili (presumo) di perline coloratissime per un collo dalle dimensioni e dall'aspetto fin troppo sgargiante. Il perfetto sviluppo (o gli antenati?) del colletto di Peter Jensen. Trovo che queste donne siano bellissime, i loro costumi coloratissimi in contrasto con i capelli cortissimi sono un piacere da guardare. Adotterei volentieri i loro colli, da indossare con la solita T-shirt monocromatica e i jeans. Certo, non so se avrei il coraggio di indossarne così tanti, ma magari una via di mezzo, giusto per ottenere un'effetto drammatico e allo stesso tempo non sembrare vestita in maschera.
Prometto, la prossima volta che scriverò di colletti sarà perchè ho qualcosa da mostrare, e non solo una lista sconclusionata!
Tuesday, July 22, 2008
ITS: WEEKEND DI FOLLIA E CREATIVITA' A TRIESTE
Ho passato il weekend a Trieste, città che adoro e che da sette anni ospita ITS, concoro dedicato ai giovani delle scuole di moda. Con partner illustri come MINI, YKK (quello delle cerniere) e Diesel, il concorso permette a giovani stilisti di moda e accessori e a giovani fotografi di farsi conoscere dalle aziende e testate del settore, e offre strumenti concreti per realizzare le proprie collezioni e proseguire nella carriera.
Per la città è una settimana strana: immagino i triestini sconvolti a vedere per le strade personaggi quantomeno bislacchi come Diane Pernet, Gareth Pugh e Angelo Flaccavento, non certo in sintonia con l'estetica del luogo. Qualche amico residente in città mi ha confessato di essere rimasto piacevolmente sconvolto/turbato dagli outfit visti in giro, e più di tutto avrei voluto entrare nelle menti indigene, dato che tutti si saranno chiesti cosa ci farà una donnina conciata da vedova spagnola simil-Morticia per le strade della loro tranquilla città.
ITS non mi ha mai delusa in quanto a creatività, e quest'anno non è stato da meno. Dei diciotto finalisti nel settore moda, diversi mi hanno affascinata moltissimo. Chiedo scusa per le foto, ma dalla quarta fila è il meglio che il mio ragazzo-fotografo ha potuto fare (non mi lamento certo per il posto assegnato: fra il settimanale Grazia e la TV locale Antenna3, significa che Pilloledimoda è sulla buona strada per la front row!).
Sebbene ogni collezione sia stata diversa e unica, dei dettagli accomunavano alcune collezioni, non so se si possa parlare di trend, ma di sicuro erano tendenze ben definite.
[Cliccate questa minuscolezza per vederne i particolari]
Facce coperte. Maschere, occhiali, cappucci: i giovani stilisti si sono dati da fare per coprire i visi dei loro modelli. Dall'alto a sinistra, in senso orario. Calzamaglie trompe l'oeil per Amai Rodriguez Coladas, maschere di carta giganti ispirate alle arti giapponesi per Alithia Spuri-Zampetti, anti-gas da prima guerra mondiale le maschere di Nicolas Di Felice. Occhiali con lenti a scacchi da Siri Johansen e caschi da rugby con applicazioni floreali e cappellini da baseball frangiati per la guerriera metropolitana stile Guess di Cecilie Rosted Bahnsen, e un tripudio di copricapi stile Cat Woman, occhiali esagonali e cappucci in lattice per la collezione futurista di Andrea Cammarosano.
Degli altri due "trend" non ho foto abbastanza nitide, ma ho visto tantissimi tagli sartoriali aggiornati e drammatizzati: giacche sproporzionate o rigide come cartoni, materiali trasparenti e stratificati. E poi le protesi: abiti come deformazioni del corpo, con fianchi e anche giganti, bustini rigidi e feeling da stecche di balena ottocentesche. Di quest'ultimo in particolare mi dispiace non avere foto decenti, perchè queste forme deformate - viste anche sulle più recenti passerelle - mi incuriosiscono. Mi piace vedere come gli stilisti non si limitano a coprire il corpo, ma lo plasmano rimodellandolo a piacere, con elementi inaspettati su spalle, fianchi, gomiti.
[Click per ingrandire, con ossequiose scuse per la scarsa qualità]
Prima fila: protesi multicolor e armature cromate nella collezione di Andrea Cammarosano, sproporzioni da fumetto per Elise Getliffe, guscio dorato secondo Yuima Nakazato. Seconda fila: cappottino che accarezza il corpo senza però toccarlo, simil-Balenciaga per Heikki Salonen (grazie a dio una foto decente da Catwalking), spalle e fianchi surreali a decorare il sartoriale proposto da Marielle Van De Ven, militare modellato dalla sfilata di Nicolas di Felice e infine riccioli rigidi su spalle e gomiti per Ross Barnes.
Passando alle singole collezioni, ce ne son sate alcune che mi hanno fatto gidare WOW ad alta voce. Non scherzo. Per fortuna ho trovato tutte le foto (sempre su Catwalking) a ualità decente, così almeno si vede qualcosa oltre a macchie confuse e teste di fashion editors nelle prime file.
Heikki Salonen. La collezione è ispirata a due autrici di libri per bambini scandinave care allo stilista finlandese: Astrid Lindgren e Tove Jansson. La femminilità che vuole ritrarre è forte e decisa, a tratti mascolina, con tagli sartoriali maschili modellati attorno a corpi di donne. Bellissimo il parka con revers da smoking (ultima foto) e il cappotto-armatura grigio. Io ovviamente mi sono innamorata del primo look, cappotto senza maniche in panno nero con top di perle, delle quali lo stilista ha fatto un uso molto simile a quello di Paul Smith nei suoi colletti, ma su tutto il top. Heikki ha anche vinto il premio Diesel, oltre a una somma in denaro anche uno stage in azienda.
David Steinhorst. Semplicità disarmante nella collezione di questo giovane tedesco diplomato alla Central Saint Martins. Tuniche in nero e grigio per un'immagine femminile ispirata all'Art Deco degli anni venti. Donna moderna e indipendente rispecchiata nelle forme semplicemente costruite e vagamente industriali. Fili di metallo come unica decorazione, a creare disegni e motivi protagonisti e funzionali alle forme. Una collezione così semplice ma così bella che ha vinto il premio principale, collezione dell'anno.
Alithia Spuri-Zampetti. Bellissima collezione sartoriale dal tessuto pesante e palette delicata di beige, bianco e nero punteggiata di toni tra il pastello e il fluo. La semplicità di tubini e tailleur è appena smorzata da lievissimi drappeggi, ma i protagonisti sono senza dubbio gli origami giganti, sproporzionate maschere e pettorine sapientemente tagliate e arrangiate, fanno delle modelle dei mostri aggraziatissimi. La collezione di Alithia, vincitrice del premio Maria Luisa, sarà esposto nella vetrina dell'omonimo negozio a Parigi durante la prossima settimana della moda.
Elise Gettliffe. Una collezione dal nome BING BANG BOUM VLAN PAF HIIIIIIIIIIIIII non può che essere sorprendente, e questa non ha deluso le aspettative. Le ispirazioni di questa giovane francese vanno dalle marionette alle caramelle, passando per i coralli dei mari più profondi e le sculture di Rachel Feinstein. Il risultato è ugualmente eclettico, e sulla passerella invece che modelli pareva esserci i protagonisti di una fiaba ambientata tra i folletti delle alpi. I costumi tirolesi buffamente gonfiati si tingono di colori pastello e si accessoriano con coralli di gomma e zoccoli di legno. Con materiali che ricordano lo sportswear e forme ereditate da conti e marchesi austriaci, questa collezione è stata la più divertente e colorata, vincitrice del premio speciale della giuria.
Yuima Nakazato. Una collezione-sorpresa. Non mi sarei aspettata di meno dall'unico giapponese in concorso. Ispirato alle invenzioni di Leonardo Da Vinci, dall'effetto di un libro pop-up per bambini, ha presentato uno stile composto, tubini, cappottini e completi pantalone, alla fine esplosi in un tripudio di pannelli dorati, perfetti prolungamenti del corpo. Un più per aver usato con discrezione e buon gusto il difficilissimo - e molto trascurato - oro. Suo il premio Vertice, per cui le sue creazioni verranno esposte nella boutique Torinese.
Queste le mie preferite, tutti nomi che spero di vedere in futuro in quanto ho visto idee interessanti, molte dele quali nuove e necessarie nel panorama della moda attuale. Li terrò d'occhio, nella speranza di vedere il loro lavoro evolversi e aggiornarsi nel tempo.
Per la città è una settimana strana: immagino i triestini sconvolti a vedere per le strade personaggi quantomeno bislacchi come Diane Pernet, Gareth Pugh e Angelo Flaccavento, non certo in sintonia con l'estetica del luogo. Qualche amico residente in città mi ha confessato di essere rimasto piacevolmente sconvolto/turbato dagli outfit visti in giro, e più di tutto avrei voluto entrare nelle menti indigene, dato che tutti si saranno chiesti cosa ci farà una donnina conciata da vedova spagnola simil-Morticia per le strade della loro tranquilla città.
ITS non mi ha mai delusa in quanto a creatività, e quest'anno non è stato da meno. Dei diciotto finalisti nel settore moda, diversi mi hanno affascinata moltissimo. Chiedo scusa per le foto, ma dalla quarta fila è il meglio che il mio ragazzo-fotografo ha potuto fare (non mi lamento certo per il posto assegnato: fra il settimanale Grazia e la TV locale Antenna3, significa che Pilloledimoda è sulla buona strada per la front row!).
Sebbene ogni collezione sia stata diversa e unica, dei dettagli accomunavano alcune collezioni, non so se si possa parlare di trend, ma di sicuro erano tendenze ben definite.
[Cliccate questa minuscolezza per vederne i particolari]
Facce coperte. Maschere, occhiali, cappucci: i giovani stilisti si sono dati da fare per coprire i visi dei loro modelli. Dall'alto a sinistra, in senso orario. Calzamaglie trompe l'oeil per Amai Rodriguez Coladas, maschere di carta giganti ispirate alle arti giapponesi per Alithia Spuri-Zampetti, anti-gas da prima guerra mondiale le maschere di Nicolas Di Felice. Occhiali con lenti a scacchi da Siri Johansen e caschi da rugby con applicazioni floreali e cappellini da baseball frangiati per la guerriera metropolitana stile Guess di Cecilie Rosted Bahnsen, e un tripudio di copricapi stile Cat Woman, occhiali esagonali e cappucci in lattice per la collezione futurista di Andrea Cammarosano.
Degli altri due "trend" non ho foto abbastanza nitide, ma ho visto tantissimi tagli sartoriali aggiornati e drammatizzati: giacche sproporzionate o rigide come cartoni, materiali trasparenti e stratificati. E poi le protesi: abiti come deformazioni del corpo, con fianchi e anche giganti, bustini rigidi e feeling da stecche di balena ottocentesche. Di quest'ultimo in particolare mi dispiace non avere foto decenti, perchè queste forme deformate - viste anche sulle più recenti passerelle - mi incuriosiscono. Mi piace vedere come gli stilisti non si limitano a coprire il corpo, ma lo plasmano rimodellandolo a piacere, con elementi inaspettati su spalle, fianchi, gomiti.
[Click per ingrandire, con ossequiose scuse per la scarsa qualità]
Prima fila: protesi multicolor e armature cromate nella collezione di Andrea Cammarosano, sproporzioni da fumetto per Elise Getliffe, guscio dorato secondo Yuima Nakazato. Seconda fila: cappottino che accarezza il corpo senza però toccarlo, simil-Balenciaga per Heikki Salonen (grazie a dio una foto decente da Catwalking), spalle e fianchi surreali a decorare il sartoriale proposto da Marielle Van De Ven, militare modellato dalla sfilata di Nicolas di Felice e infine riccioli rigidi su spalle e gomiti per Ross Barnes.
Passando alle singole collezioni, ce ne son sate alcune che mi hanno fatto gidare WOW ad alta voce. Non scherzo. Per fortuna ho trovato tutte le foto (sempre su Catwalking) a ualità decente, così almeno si vede qualcosa oltre a macchie confuse e teste di fashion editors nelle prime file.
Heikki Salonen. La collezione è ispirata a due autrici di libri per bambini scandinave care allo stilista finlandese: Astrid Lindgren e Tove Jansson. La femminilità che vuole ritrarre è forte e decisa, a tratti mascolina, con tagli sartoriali maschili modellati attorno a corpi di donne. Bellissimo il parka con revers da smoking (ultima foto) e il cappotto-armatura grigio. Io ovviamente mi sono innamorata del primo look, cappotto senza maniche in panno nero con top di perle, delle quali lo stilista ha fatto un uso molto simile a quello di Paul Smith nei suoi colletti, ma su tutto il top. Heikki ha anche vinto il premio Diesel, oltre a una somma in denaro anche uno stage in azienda.
David Steinhorst. Semplicità disarmante nella collezione di questo giovane tedesco diplomato alla Central Saint Martins. Tuniche in nero e grigio per un'immagine femminile ispirata all'Art Deco degli anni venti. Donna moderna e indipendente rispecchiata nelle forme semplicemente costruite e vagamente industriali. Fili di metallo come unica decorazione, a creare disegni e motivi protagonisti e funzionali alle forme. Una collezione così semplice ma così bella che ha vinto il premio principale, collezione dell'anno.
Alithia Spuri-Zampetti. Bellissima collezione sartoriale dal tessuto pesante e palette delicata di beige, bianco e nero punteggiata di toni tra il pastello e il fluo. La semplicità di tubini e tailleur è appena smorzata da lievissimi drappeggi, ma i protagonisti sono senza dubbio gli origami giganti, sproporzionate maschere e pettorine sapientemente tagliate e arrangiate, fanno delle modelle dei mostri aggraziatissimi. La collezione di Alithia, vincitrice del premio Maria Luisa, sarà esposto nella vetrina dell'omonimo negozio a Parigi durante la prossima settimana della moda.
Elise Gettliffe. Una collezione dal nome BING BANG BOUM VLAN PAF HIIIIIIIIIIIIII non può che essere sorprendente, e questa non ha deluso le aspettative. Le ispirazioni di questa giovane francese vanno dalle marionette alle caramelle, passando per i coralli dei mari più profondi e le sculture di Rachel Feinstein. Il risultato è ugualmente eclettico, e sulla passerella invece che modelli pareva esserci i protagonisti di una fiaba ambientata tra i folletti delle alpi. I costumi tirolesi buffamente gonfiati si tingono di colori pastello e si accessoriano con coralli di gomma e zoccoli di legno. Con materiali che ricordano lo sportswear e forme ereditate da conti e marchesi austriaci, questa collezione è stata la più divertente e colorata, vincitrice del premio speciale della giuria.
Yuima Nakazato. Una collezione-sorpresa. Non mi sarei aspettata di meno dall'unico giapponese in concorso. Ispirato alle invenzioni di Leonardo Da Vinci, dall'effetto di un libro pop-up per bambini, ha presentato uno stile composto, tubini, cappottini e completi pantalone, alla fine esplosi in un tripudio di pannelli dorati, perfetti prolungamenti del corpo. Un più per aver usato con discrezione e buon gusto il difficilissimo - e molto trascurato - oro. Suo il premio Vertice, per cui le sue creazioni verranno esposte nella boutique Torinese.
Queste le mie preferite, tutti nomi che spero di vedere in futuro in quanto ho visto idee interessanti, molte dele quali nuove e necessarie nel panorama della moda attuale. Li terrò d'occhio, nella speranza di vedere il loro lavoro evolversi e aggiornarsi nel tempo.
Friday, July 18, 2008
FORMULA ESTIVA
La boutique online La Garçonne ha azzeccato in pieno l'essenza dell'estate. Giorno e notte, che piova o che ci sia il sole, al mare o in città, non esiste nulla meglio di un vestito monocolore. Sbizzarriti con le forme, gli stilisti hanno variato poco dalla palette primaria, e hanno scelto brillanti monocromie. La Garçonne ha riunito tutto alla perfezione: solo a guardare la prima pagina di saldi mi sento felice (e vorrei comprare quasi tutto, aimè).
Accessori ridotti all'osso: sneakers di giorno, sandali di sera. L'abito è il protagonista, e se proprio dovesse venire un colpo di freddo, basta un blazer blu.
Accessori ridotti all'osso: sneakers di giorno, sandali di sera. L'abito è il protagonista, e se proprio dovesse venire un colpo di freddo, basta un blazer blu.
Thursday, July 17, 2008
NUOVA OSSESSIONE
Stessa sera. Stessa paura nera. Un po' più distratta grazie ad un'ossessione che non mi lascia in pace. Con quella gonna di Moschino è stato amore a prima vista. Mai visto un capo con la stessa frivolezza irrazionale. Mai stata attratta in questo modo da una "semplice" gonna. Minigonna a balze, ricoperta di paillettes. Colore corallo. Aspetto curiosissimo, così sbrilluccicante. Unica nel suo genere. Sono stata attratta da vari capi in paillettes negli ultimi anni (a Londra se ne vedono a ogni angolo), m erano per la maggior parte top e giacche. Mai pensato ad una gonna prima, e non certo di quel colore. Moschino poi è un marchio a me caro: comprerei sempre tutto quello che vedo, in sfilata e in negozio. Un brand fedele a se stesso, ma non per questo noioso o banale. Un capo Moschino ha il potere di stravolgere il più semplice degli outfits. Così mi sono messa a giocherellare su Polyvore, per la prima volta in vita mia (il potere della paura...), cercando qualcosa con cui abbinerei il mio ultimissimo oggetto del desiderio se - aimè - me lo potessi permettere. Certo, non sapevo che Polyvore fosse un sito così cerebrotico, e sfogliare centinaia di pagine non ce la facevo proprio. Quindi gli outfit sono tutti nati dalle prime due o tre pagine di capi disponibili.
Dopo aver passato qualche mezz'ora con la gonna (come forse potete notare, ignorandone del tutto le proporzioni), però, quello che non riuscivo a togliermi dalla testa era il colore: un rosa tra il corallo, l'arancio, il salmone e il rosso. Più adatto a haute couture da metà novecento che a moderni capi pret a porter, bellissimo, ipnotico e intossicante. A tal punto che ho sentito il bisogno di cercare capi solo ed esclusivamente in questo colore:
Una nuova nuovissima ossessione per tenermi occupata nelle prossime notti insonni.
Dopo aver passato qualche mezz'ora con la gonna (come forse potete notare, ignorandone del tutto le proporzioni), però, quello che non riuscivo a togliermi dalla testa era il colore: un rosa tra il corallo, l'arancio, il salmone e il rosso. Più adatto a haute couture da metà novecento che a moderni capi pret a porter, bellissimo, ipnotico e intossicante. A tal punto che ho sentito il bisogno di cercare capi solo ed esclusivamente in questo colore:
Una nuova nuovissima ossessione per tenermi occupata nelle prossime notti insonni.
COUTURE, CREATURE FLUTTUANTI
Non sono la persona più coraggiosa che c'è. Quindi potete immaginare che a notte fonda, sola a casa con fuori un temporale tutto tuoni e fulmini, non mi senta proprio a mio agio. Se poi accendo la TV per darmi un po' di conforto e l'unico canale che funziona trasmette un horror, allora capite che per me è proprio la fine. Per fortuna la connessione a internet funziona - per ora - e quindi posso distrarmi in molteplici modi.
Ho trovato questo servizio per caso, e non posso fare a meno di pubblicarlo. Da una rivista francese che si chiama Stiletto (da non confondere con una Stiletto Magazine californiana dal contenuto non molto fine), dalla grafica non certo accattivante (per quello che posso vedere dal loro sito) ma con il più bel servizio di moda che abbia visto questo mese. E incredibilmente semplice.
Il concetto è basilare, ma l'effetto è incredibile. L'haute couture sospesa leggerissima in quello che sembra un mare profondo (è plancton o difetti di scannerizzazione?), chiffon, organza e seta liberi di fluttuare in tutta a loro bellezza. Le modelle non servono, e probabilmente rovinerebbero tutto. Le creazioni bastano a sè stesse. Mi ricordano meduse (animali di cui ho una fifa nera dopo essere stata attaccata da piccola, ma che comunque hanno su di me uno stranissimo fascino)
Resto sempre ingenuamente affacinata dalla bellezza, complessità e attuale estetica della natura. Resto incantata davanti alle illustrazioni botaniche (di scienziati come Albertus Seba e Hernst Haeckel) così come davanti a servizi di moda come quello sopra, e quando le due discipline si uniscono fanno la mia felicità (specie quando tuoni e fulmini non accennano a smettere).
Ho trovato questo servizio per caso, e non posso fare a meno di pubblicarlo. Da una rivista francese che si chiama Stiletto (da non confondere con una Stiletto Magazine californiana dal contenuto non molto fine), dalla grafica non certo accattivante (per quello che posso vedere dal loro sito) ma con il più bel servizio di moda che abbia visto questo mese. E incredibilmente semplice.
Il concetto è basilare, ma l'effetto è incredibile. L'haute couture sospesa leggerissima in quello che sembra un mare profondo (è plancton o difetti di scannerizzazione?), chiffon, organza e seta liberi di fluttuare in tutta a loro bellezza. Le modelle non servono, e probabilmente rovinerebbero tutto. Le creazioni bastano a sè stesse. Mi ricordano meduse (animali di cui ho una fifa nera dopo essere stata attaccata da piccola, ma che comunque hanno su di me uno stranissimo fascino)
Resto sempre ingenuamente affacinata dalla bellezza, complessità e attuale estetica della natura. Resto incantata davanti alle illustrazioni botaniche (di scienziati come Albertus Seba e Hernst Haeckel) così come davanti a servizi di moda come quello sopra, e quando le due discipline si uniscono fanno la mia felicità (specie quando tuoni e fulmini non accennano a smettere).
E' ORA DI DIRE ADDIO...
Stamattina, mentre mi facevo la mia solita scorpacciata di blog e siti, ho trovato una brutta, bruttissima notizia. Fops and Dandies, uno dei miei blog preferiti, verrà chiuso fra qualche settimana, dato che la proprietaria ricomincerà a studiare e se ne andrà dalla grande mela. La notizia ha sconvolto bloggers e lettori di tutto il mondo: è un po' come la partenza di un caro amico, e chissà se ci si rivedrà.
Sono triste, perchè Fops and Dandies era un blog che visitavo con piacere ogni giorno: non troppo serio, ma sempre intelligente. Per non parlare degli outfit, bellissimi e sempre unici, un mix di fai da te, vintage e marchi alternativi. La sua passione per le mercerie, la Corea e New York si nota in ogni suo post, con ispirazioni tratte da film e telefilm anni ottanta, viaggi e foto molto a caso trovate su Flickr. Il suo blog mi mancherà tantissimo! Mi dispiace non aver mai scritto niente su Fops and Dandies per rifarmi ecco una selezione delle mie foto preferite:
Sono triste, perchè Fops and Dandies era un blog che visitavo con piacere ogni giorno: non troppo serio, ma sempre intelligente. Per non parlare degli outfit, bellissimi e sempre unici, un mix di fai da te, vintage e marchi alternativi. La sua passione per le mercerie, la Corea e New York si nota in ogni suo post, con ispirazioni tratte da film e telefilm anni ottanta, viaggi e foto molto a caso trovate su Flickr. Il suo blog mi mancherà tantissimo! Mi dispiace non aver mai scritto niente su Fops and Dandies per rifarmi ecco una selezione delle mie foto preferite:
Wednesday, July 16, 2008
PUBBLICITA', LIBERE INTERPRETAZIONI
"when i first saw this ad, I thought it was depicting a lesbian couple. The one on the left went out all night (partying) without telling the one on the right. So now she's sneaking into the house, only to find her [girlfriend] waiting up for her--upset that she stayed up all night cooking pasta for both of them and it went to waste."
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"Appena ho visto questa pubblicità, credevo rappresentasse la storia di una coppia lesbica. Quella sulla sinistra era stata fuori tutta la notte per discoteche, senza dirlo a quella a destra. Così adesso entra in casa di soppiatto, trovando la sua ragazza ad aspettarla, incavolata perchè ha passato la notte a cucinare pasta per entrambe, che ora andrà buttata via."
Anonimo, a proposito della nuova campagna pubblicitaria Missoni per l'autunno-inverno 2008 (secondo me come interpretazione non ci è andata poi così lontana comunque).
Tuesday, July 15, 2008
MARGHERITA MISSONI VESTITA DI IRONIA
TOPSHOP E LE SUA MANIE DI GRANDEZZA
Negozi dai prezzi (semi)bassi come Topshop, Zara H&M e compagnia sono luoghi molto utili. Qualsiasi emergenza, e loro sono lì, pronti a risolvere tutto con jeans dal taglio attuale, magliette basic a prezzi ridicoli e abiti un po' per ogni occasione, in qualsiasi momento e ovunque uno si trovi (ora che Topshop ha attivato le spedizioni al'estero, e di Zara e H&M se ne trovano un po' ad ogni angolo). La qualità non sempre eccellente si fa spesso perdonare con prezzi bassi adatti alla natura usa-e-getta dei capi, e la varietà di stili a disposizione è così ampia che ce n'è per tutti i gusti. Questi negozi sono dei veri salvavita, e le clienti affezionate sanno ormai che difficilmente resteranno deluse e a mani vuote dopo un giro di shopping.
Sebbene non sia una fan sfegatata di abiti supereconomici dalla durata di poche settimane (forse ho già fatto questo discorso altrove: se compro qualcosa di solito è perchè mi piace, e non c'è niente di peggio di vedere la stoffa del tuo vestito preferito riempirsi di pallini o consumarsi irreparabilmente dopo poche uscite. Quindi preferisco spendere di più - quando e se posso - o non spendere affatto), devo ammettere che i suddetti negozi hanno su di me un certo fascino, e ne riconosco la praticità.
Di tutti però, Topshop è sulla via del ridicolo. Ovvio, lo scopo di marchi come questo è di proporre capi appena usciti dalle sfilate a prezzi irrisori, permettendo a chiunque di seguire trend e mode. Ma dando un'occhiata al loro catalogo, quasi non si riesce a distinguere dove ci sia ispirazione e dove gli abiti siano vere e proprie copie.
Tutti pezzi spudoratamente copiati. Tutti pezzi entrati nella nostra lista dei desideri impossibili attraverso un percorso fatto di sfilate da sogno, pubblicità magnificamente prodotte da modelle bellissime e dai fotografi più bravi. Abiti che grazie all'accurata tecnica di stilisti-prodigio sono diventate icone. Dalla vita breve di una stagione, ma pur sempre icone. Abiti dai prezzi improponibili destinati restare un sogno, ma un sogno in cui indugiare e perdersi, consci che non si realizzerà mai, ma non per questo non felici di sognarlo. Ed ecco Topshop, con le sue copie in poliestere, dalle cuciture destinate a disfarsi e dai tessuti destinati a consumarsi. Copie con richiami decisi ai pezzi più desiderati della stagione, ma che addosso non faranno certo l'effetto magico di una vera giacca Blenciaga o un vestitino Miu Miu da migliaia di euro.
No, non credo sia giusto spendere fortune per un abito. Ma questi originali sono nati dalle idee e dal genio di stilisti che fanno il loro lavoro con passione, e che fanno innamorare e sognare migliaia di donne di tutto il mondo. C'è chi può permetterseli, ma chi non può, perchè dovrebbe andre in giro con una evidente e banalissima copia?
Cosa spinge una donna a comprare una giacca dal design inequivocabilmente ispirato a quello di un famoso stilista, a un centesimo del prezzo? Si illude forse di essere scambiata per una cliente delle maison parigine? O poco le importa dell'autenticità, vuole solo appartenere alla cerchia di fashion victim in grado di riconoscere citazioni e riferimenti di alta moda?
Non capisco i meccanismi che portano capi del genere in negozio. Non capisco perchè una ragazza vorrebbe andare in giro con quello che è un falso male eseguito.
Sebbene non sia una fan sfegatata di abiti supereconomici dalla durata di poche settimane (forse ho già fatto questo discorso altrove: se compro qualcosa di solito è perchè mi piace, e non c'è niente di peggio di vedere la stoffa del tuo vestito preferito riempirsi di pallini o consumarsi irreparabilmente dopo poche uscite. Quindi preferisco spendere di più - quando e se posso - o non spendere affatto), devo ammettere che i suddetti negozi hanno su di me un certo fascino, e ne riconosco la praticità.
Di tutti però, Topshop è sulla via del ridicolo. Ovvio, lo scopo di marchi come questo è di proporre capi appena usciti dalle sfilate a prezzi irrisori, permettendo a chiunque di seguire trend e mode. Ma dando un'occhiata al loro catalogo, quasi non si riesce a distinguere dove ci sia ispirazione e dove gli abiti siano vere e proprie copie.
Tutti pezzi spudoratamente copiati. Tutti pezzi entrati nella nostra lista dei desideri impossibili attraverso un percorso fatto di sfilate da sogno, pubblicità magnificamente prodotte da modelle bellissime e dai fotografi più bravi. Abiti che grazie all'accurata tecnica di stilisti-prodigio sono diventate icone. Dalla vita breve di una stagione, ma pur sempre icone. Abiti dai prezzi improponibili destinati restare un sogno, ma un sogno in cui indugiare e perdersi, consci che non si realizzerà mai, ma non per questo non felici di sognarlo. Ed ecco Topshop, con le sue copie in poliestere, dalle cuciture destinate a disfarsi e dai tessuti destinati a consumarsi. Copie con richiami decisi ai pezzi più desiderati della stagione, ma che addosso non faranno certo l'effetto magico di una vera giacca Blenciaga o un vestitino Miu Miu da migliaia di euro.
No, non credo sia giusto spendere fortune per un abito. Ma questi originali sono nati dalle idee e dal genio di stilisti che fanno il loro lavoro con passione, e che fanno innamorare e sognare migliaia di donne di tutto il mondo. C'è chi può permetterseli, ma chi non può, perchè dovrebbe andre in giro con una evidente e banalissima copia?
Cosa spinge una donna a comprare una giacca dal design inequivocabilmente ispirato a quello di un famoso stilista, a un centesimo del prezzo? Si illude forse di essere scambiata per una cliente delle maison parigine? O poco le importa dell'autenticità, vuole solo appartenere alla cerchia di fashion victim in grado di riconoscere citazioni e riferimenti di alta moda?
Non capisco i meccanismi che portano capi del genere in negozio. Non capisco perchè una ragazza vorrebbe andare in giro con quello che è un falso male eseguito.
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