Monday, December 31, 2007

PER UN 2008 SENZA FRONZOLI...


APC, Loeffer Randall, Jerome Dreyfuss, Les Prairies De Paris.


Golden Goose, Mayle, Topshop, 3.1 Philip Lim


Alexander Wang X3, Ygal Azrouel

Tuesday, December 25, 2007

AUGURI!




Buone feste da Pillole Di Moda!

Sunday, December 23, 2007

BELLE FOTO, BELLA GENTE

Come forse avrete capito, sono un'apassionata di blog, di qualsiasi genere. Da quando avevo 15 anni, ho coltivato religiosamente la mia passione, fino a che, qualche anno fa, ho scoperto qualcosa che mi piace ancora più dei blog: i blog di streetstyle. Dal classico The Sartorialist a Facehunter, i più famosi, fino ad una lista incredibilmente lunga di blog con sede un po' in tutto il mondo. Cosa mi manca è una sostanziale lista di streetstyle blogs italiani. Non dico che non ce ne siano, solo che spesso (e soprattutto essendo il mio occhio viziato dai suddetti Sart e Facehunter) non mi piacciono molto. Trovo che la qualità della fotografia sia scarsa, gli stili forografati non certo i più originali, e non mi pare ci sia poi così tanta ricerca e cura.



Finalmente, oggi ho trovato quello che si avvicina di più ad un perfetto blog streetstyle tutto italiano: Diedlastnight. Per essere pignoli, si tratta di una rivista online di fotografie di feste ed eventi (come per esempio l'americano The Cobra Snake o l'inglese Dirty Dirty Dancing) con sede a Milano. Ogni numero è dedicato ad una festa diversa, e la fotografia è stupenda: non le solitefoto un po' mosse, con il flash che fa quello che vuole e i colori sciacquati, ma vere foto con bellissimi colori e consapevolezza di luci, ombre e colori.

NUOVE TECNOLOGIE/VECCHIE TECNOLOGIE

Anche se ne sono poco pratica, la tecnologia mi piace. Mi piace avere un computer veloce che fa di tutto e mi permette di navigare su internet ovunque sono, non vivo senza un cellulare che mi tenga in contatto con tutti i miei amici in modo veloce ed efficiente, sono molto realizzata quando posso guardare un film in tutte le lingue sul dvd, e non so come farei a volte ad isolarmi dal caos della città senza il mio ipod. Detto questo, sono anche una grande fan delle vecchie tecnologie. Amo il vinile e quei vecchi dischi dei Beatles che hanno segnato la mia infanzia, le audiocassette il cui nastro puntualmente si srotolava ed era tutto da buttare.

Oggi ho trovato una degna unione di vecchio e nuovo. Si tratta del porta ipod ideato da 45ipodcases/. Più che un porta ipod è un vero e proprio outfit vintage per l'ipod: il lettore viene infatti nascosto dietro ad una vecchia audiocassetta.




Il prezzo (45 dollari) è irrisorio, se si pensa alla soddisfazione di unire in modo unico la nostalgia della musica vintage e la più nuova tecnologia di ascolto.

Sunday, December 16, 2007

EVOLUZIONE DI UNA GONNA

Finalmente in Italia, dove si sta tanto tanto bene, ma la connessione internet è molto lenta e molto ballerina (colpa di una sorellina chat-dipendente). Quindi, dopo una lunga lunga attesa perchè il blog di Dreamecho si caricasse, eccomi davante all'ennesima meraviglia.

Devo forse premettere che Dreamecho è uno di quei blog che amo particolarmente, essendo una specie di Stylebubble, in cui una ragazza americana (al momento vive a Boston) sperimenta senza limiti con la moda. Nella sezione Experimentation gioca con svariati capi di abbigliamento, appunto sperimentandone usi diversi da quelli comuni di gonne, vestiti e quant'altro.

Oggi è stata la volta di una gonna scovata in un negozio di abiti di seconda mano, e usata prima come gonna, poi come vestito, e infine come maglia. Come al solito, credo che le immagini dicano più dei mille commenti sconclusionati che potrei aggiungere, quindi ecco qui:







Fantastica (non ho ancora deciso se mi piace di più versione vestito o top...).

[tutte le foto, Dreamecho]

Friday, December 14, 2007

ICONE DI STILE, FORMATO MIGNON

Avrei proprio tante cose da scrivere su questo mio piccolo blog. Purtroppo, una serie di sfortunati eventi (seguo il fuso orario di seoul per lavoro, devo scrivere la tesi, domani parto per l'italia e come se non bastasse "piove" dal soffitto di camera mia) me lo hanno impedito.

Prima di tornare al lavoro, vi voglio segnalare un blog adorabile. Trovato per caso, è il blog di Lisa, giovane (credo molto giovane data corporatura e faccia da bambina) cheerleader svedese dai gusti sofisticati. Il suo blog è una raccolta di foto che spaziano da gastronomia a paesaggi, con moltissimi scatti dei suoi outfit quotidiani.

Il suo stile è a metà fra la fanciullezza e l'età adulta, e mi piace proprio per questo: Lisa sa sdrammatizzare i capi più seri con ironia, in un miscuglio di scarpe da tennis e jeans, gonne stampate, borse o cinture vintage e un po' di fai-da-te.



Purtroppo il blog è interamente in svedese, quindi non ho idea di cosa dica. Per ora mi accontento di guardare le foto.

[tutte le foto Lisaplace]

Sunday, December 09, 2007

QUANDO FUORI PIOVE...

Quando fuori piove (e, come potete immaginare, qui succede spesso), va a finire che passo giornate intere senza metter naso fuori casa. Il motivo comprende la mancanza di abiti e calzature effettivamente adatte al clima (sì, dopo anni di vita londinese ancora non mi sono attrezzata), un freddo cane e generale pigrizia. Per non parlare del fatto che, così vicino a natale, addentrarsi per le vie del centro equivale ad un suicidio, per le masse di turisti e compratori natalizi impazziti. L'alternativa è dunque stare in casa con una perenne tazza di tè alla vaniglia, digestives al cioccolato, il mio computer e mille riviste.

Capita spesso che queste infinite giornate portino alla luce interessanti scoperte. La scoperta di oggi è Après Midi, dalle pagine di un vecchio Marie Claire Maison. Incusiosita dalle ballerine multicolore viste sulla rivista, dopo una breve e distratta ricerca google sono approdata sul loro sito/blog.

E, come spesso accade, ora riesco a malapena a contenere l'eccitazione.

Sì, perchè stiamo parlando di gioielli fatti a mano raffiguranti torte e pasticcini, ballerine di capretto dai colori pastello, stole di volpe molto speciali, il tutto in un negozio stile Ora Del Tè inglese della miglilore qualità:




Dunque, ci sono ballerine foderate di peluche (!), anelli/bottone vintage multicolore, sushi di feltro, stole di volpe peluche (!!!). Cosa si può chiedere di più?





Per i più fortunati (perchè, ahimè, non so quando potrò tornare a Milano, fra feste comandate, studi e lavoro), Après Midi è in via Pastrengo 7 a Milano (T 0039 02 6889534, email apres-midi@tiscali.it)

PIU' SINCERI DI COSI'...

Non è moda, ma arte. Se fosse moda, sarebbe sfacciata, volgare, inappropriata, ma molto sincera.



UNDER/COVER, Adelle Lutz

Il sesso non sconvolge più, ma i peli?

Tuesday, December 04, 2007

SONO PATETICA? SONO PATETICA.

Ma sono molto molto moltissimo eccitata per il nuovo Vogue Italia. Il motivo? Qui sotto:







Vogue Paterns, foto di Steven Meisel. Modelle come bambole pronte da scartare in un mare di stampe contrastanti, d'ispirazione fortemente klimtiana. Una goduria per la vista. Unica sofferenza: non sarò in Italia che fra dieci giorni, ma non vedo l'ora di guardarmi queste immagini con la giusta dose di patina.

[Foto da Style.it via Foto Decadent]

IN FONDO, SIAMO TUTTI COMMERCIANTI?

Quando Domenica sera in TV si è parlato di moda amici, parenti e conoscenti hanno tutti preso in mano telefono o computer e mi hanno avvisata. Questo, presumo, per due motivi: perchè la moda in TV è un evento eccezionale, e perchè tutti sanno bene (anzi, ora posso dire benissimo) cosa faccio e quali sono le mie passioni. Incuriosita, mi sono fiondata a guardare la trasmissione non appena disponibile online.

Il programma in questione è Report, in onda su Rai Tre la domenica sera. Il documentario inchiesta, intitolato "Schiavi del Lusso," toccava alcuni punti fondamentali del sistema moda: Sfilate, Produzione e Pubblicità.

Insomma, per lo scalpore che questo programma ha creato, mi sento in dovere di commentarlo, dove possibile.

SFILATE. Grande enfasi sulla direttrice di Vogue U.S.A. Anna Wintour, e su come sia l'arpia del sistema moda mondiale, dettando legge su sfilate e stilisti. Ha fatto scalpore come abbia chiesto agli stilisti di condensare la Settimana della Moda milanese in qualche giorno di modo da non dover restare a Miano troppo a lungo (presumibilmente per motivi di cambio euro-dollaro). Ciò ha penalizzato gli stilisti minori, relegati alla fine della settimana quando i maggiori redattori e compratori se n'erano già andati.

Certo questo fa pensare, specie se affiancato al fatto che a Parigi invece non è successo niente del genere, mandando su tutte le furie la signora Wintour, che, come ci si poteva aspettare dal suo carattere permaloso, non si è presentata alle presentazioni parigine. Ma di chi è la colpa in fondo?

Da ignorante, comunque non capisco come uno stilista italiano, non importa quanto affermato, possa permettersi di perdere spazi e contenuti in Vogue U.S.A., che secondo me è uno dei Vogue più democratici, con dieci milioni di lettori (anche se non è un Vogue che mi piace e che leggo, ma questa è una questione di gusto personale). Va ammesso che la Conde Nast e le sue pubblicazioni statunitensi sono una grossa fetta dell'editoria mondiale, e non vedo come uno stilista possa rischiare di perderla. Specie se associata a grossi nomi della distribuzione come Begdorf Goodman, Saks, Neiman Marcus e così via.

PRODUZIONE. Qui davvero non so cosa dire, nel senso che di produzione e Made in Italy ne so come di meccanica quantistica, ovvero zero. Certo che fa impressione come il prezzo di una borsa aumenti del cento o duecento per cento dalla fabbrica alla boutique, ma anche questo deve avere una spiegazione. Insomma, se si pensa che le linee che hanno fatto vedere in produzione da cinesi non sono le prime linee ma le linee più economiche, sto poco a pensare che queste linee non siano altro che un modo per fare un sacco di soldi e subito per le aziende del lusso. Perchè se le collezioni più economiche e popolari di un marchio (ovvero, presumo almeno in Italia dove la firma conta, eccome se conta) fanno guadagnare cifre non indifferenti, questo marchio può poi permetersi di produrre ad un livello più elevato le sue prime linee, e di farsi la sua pubblicità. Perchè se si pensa che comprare una pagina al mese su Vogue (U.S.A.) costa al marchio attorno ai 100.000$ (facendo un breve calcolo, si arriva a spendere più di un milione solo per una pagina tutto l'anno su una sola testata), più fotografo, modelle, casting e servizio fotografico, insomma, quei soldi dovranno pur arrivare da qualche parte no? Ovviamente questa è di sicuro una spiegazione semplicistica della faccenda, perchè io di questo lato dell'industria ne so poco e niente (tantomeno so da dove vengono i soldi), ma, pensandoci, tutto torna.

Non è una novità, e non è neanche un problema solo italiano

Di sicuro la Giannini mi ha fatto venire voglia di approfondire, e perlomeno di farmi un'idea di quanto vale davvero quello che sto comprando, e dove e da chi è stato prodotto.

PUBBLICITA'. Ha fatto scalpore come Vogue Italia non usi fotografi italiani per i suoi servizi. Cosa peraltro non vera perchè Paolo Roversi è italiano e scatta regolarmente per Vogue. E fin qui ci siamo. Seconda cosa. Ha fatto scalpore il fatto che non ci siano fotografi emergenti che scattano per Vogue (Italia).

Da una conversazione che ho avuto con la direttrice di una rivista milanese tempo fa, ne è emerso che fra i giovani italiani c'è molta poca voglia di fare e sacrificarsi. C'è il mito del fotografo che scatta i servizi di moda e fa un sacco di soldi. Non sempre è così però. E se lo è, è perchè dietro c'è moltissima esperienza e fatica e lavoro. Non si diventa fotografi (o, allo stesso modo, stilisti, o giornalisti) da un momento all'altro. E certo non ci si può aspettare che Steven Meisel (fotografo delle copertine di Vogue Italia) venga ora soppiantato dal un ventenne. Certo c'è il caso di Francesco Carrozzini, figlio della direttrice di Vogue.

Ma che dire? Non è certo la prima volta che in Italia succede qualcosa del genere. Certo, se io come fashion editor conosco il lavoro e il background di un fotografo più facilmente commissiono a questa persona dei lavori. Essendo ben conosciuto dalla direttrice in persona, il giovane Carrozzini può risparmiarsi un sacco di gavetta, relativamente a Vogue Italia. Se parliamo di merito e bravura purtroppo non so cosa dire siccome non ho visto le foto in questione.

Trovo peraltro che questa seconda parte dell'inchiesta sia stata molto poco approfondita (mancanza di tempo, mancanza di interviste) e la sua incompletezza presumo alzerà non poche polemiche tra il pubblico italiano.


Dalle parole della direttrice di moda di "A", Sasha Gambaccini, "siamo tutti commercianti," la moda è oggi come qualsiasi altra industria, gira attorno a soldi, politica, caste e interessi. Ma i giornalisti che ci lavorano sono anch'essi commercianti? Questa domanda è risuonata nei forum, e molto contestata. Io da "straniera" non me a sento di commentarla, perchè ho scoperto che, a differenza di qui dove fare consulenze è un modo come un altro per procurarsi il pane quotidiano, in Italia è illegale.

In conclusione, credo che sarebbe stata un'inchiesta molto più interessante se i "no comment" di molti silisti (presumibilmente terrorizzati dalla giornalista) si fossero trasformati in interviste. Specie perchè penso che se qualcuno vuole farti dire qualcosa che non vuoi, e non lo dici, quel qualcuno trova comunque il modo di metterti in cattiva luce (pensiero contorto ma spero di senso compiuto). Quindi tutti quegli stilisti che non hanno risposto sono stati comunque presi in considerazione nel documentario, e non in maniera simpatica. Tanto valeva che dicessero la loro, che mandassero a quel paese la Giannini, che concordassero con lei che spiegassero i pro e i contro.

Sunday, December 02, 2007

VANITY FAIR vs VANITY FAIR

Quando le prime edizioni di Vanity Fair uscirono in Italia, io mi rifiutai di comprarle. Il motivo? Semplice, consideravo una rivista con il tempo di lettura in fondo ad ogni articolo un'offesa alla mia persona. Certo, negli anni l'ho rivalutato, e ora ogni volta che sono in Italia lo compro e me lo sfoglio con piacere, perchè, è inutile negarlo, ha un sacco di cose iteressanti e un po' meno sciocche degli altri periodici femminili Italiani.

E la questione del tempo di lettura me l'ero quasi dimenticata (anzi, ci giocavo anche: "vediamo se ci azzeccano con i tempi!"), fino a quando non ho scoperto Vanity Fair U.K.

vs.

Ora, devo premettere che, sebbene io sia una grande amante di riviste, non conosco ogni testata esistente. Vanity Fair, per esempio, in Inghilterra non l'avevo mai comprato, fino a quando ne sono stata costretta per motivi universitari.

Quando Vanity Fair U.K./U.S.A. (perchè mi pare che i due stati si dividano la stessa edizione, e correggetemi se sbaglio) è stato menzionato per la prima volta, il tutor di turno continuava a sottolineare come fosse una rivista famosa per le sue "pagine e pagine di testo senza quasi immagini." E io dicevo fra me e me (pensando al "mio" Vanity): "ma come? La rivista con tempi di lettura raramente superiori a 15 minuti (in media 7 minuti), qui è una rivista di solo testo?"

Corsa all'edicola, ho avuto la risposta alla mia domanda: SI. Davanti a me c'erano pagine e pagine senza quasi figure, solo testo bianco e nero con la sporadica foto qua e là (foto, peraltro, molto belle).

E non ho potuto fare a meno di confrontare nella mia mente le due riviste (Italiana e Inglese) e i loro pubblici. Domanda principale: MA NOI ITALIANI SIAMO DAVVERO COSI' PIGRI E IGNORANTI DA NON POTER LEGGERE PER PIU' DI UN QUARTO D'ORA SENZA ANNOIARCI?

O c'è altro? E' forse una questione di tempo? E' forse perchè noi Italiani statisticamente abbiamo meno tempo da dedicare alla lettura di un periodico (che, va detto, da noi è settimanale, mentre in Inghilterra è mensile)? O è una questione di stili di vita: Noi usiamo di più la macchina mentre gli Inglesi passano ore e ore a fare i pendolari sui mezzi pubblici?

Insomma, solitamente una rivista portata in uno stato dovrebbe essere tagliata per la sua società (vedi Grazia: in Inghilterra è un pozzo di pettegolezzi e storielle stile Oggi o Gente, e qui analizziamo un'altra fetta di società inglese, che presumibilmente non legge anche Vanity Fair). Ma allora cosa dice il nostro Vanity Fair? A prima vista, dice che siamo pigri, che non siamo abbastanza interessati da approfondire argomenti non solo frivoli (la star del cinema di turno), ma anche seri e importanti per la nostra società (come ad esempio i rom). Dice anche che non abbiamo tempo e voglia di approfondire, e che ci accontentiamo di passare sette minuti dietro ad una storia e poi laciarcela alle spalle, e vedremo cosa si leggerà nei prossimi sette minuti (E, devo ammettere, l'ultima volta che mi sono letta un articolo sul Vanity nostrano, mi è sembrato che l'articolo potesse essere sviluppato ed approfondito un po' di più, ma non per essere critica a tutti i costi, bensì perchè l'argomento era molto interessante, ma l'autore si era fermato sul più bello - tempo di lettura previsto: 9 minuti).

Ovviamente l'argomento è aperto al dibattito, perchè sono sicura che ci sono lettori di Vanity Fair U.K. (che ho sfogliato due volte) e Italia (che se leggo un numero al mese è tanto) molto più esperti di me.

E prego notare che son questo post non voglio generalizzare sugli Italiani o sul fatto che siano ignoranti o altro (quindi se volete accusarmi di essere razzista/piena di pregiudizi/un'ignorante a mia volta risparmiatevi il commento/email). Vorrei solo analizzare le due società, e cosa le riviste dicono di esse.

Saturday, December 01, 2007

CALENDARIO PIRELLI 2008: PERLE D'ORIENTE

Diciamo che mi sono sempre disinteressata al Calendario Pirelli. Ne sapevo pochissimo fino ad oggi, e le uniche cose che sapevo erano:
A) che era un oggetto del desiderio altamente esclusivo
B) che era molto simile ad un classico calendario di donnette scoperte, solo con luci/ombre migliori e scattato dai migliori fotografi del mondo.

Ora, nella mia recentissima ricerca, ho scoperto che in parte è anche così (perchè c'è poco da fare, nudo è nudo, poco importa da che angolazione si prende). E, come il mio ragazzo mi ha fatto gentilmente notare, è un calendario nato per stare appeso in un'officina di meccanici, e i calendari da officina sono comunemente calendari semi-pornografici.

Certo, quando stamattina sono incappata sulle foto del Calendario Pirelli 2008, su Foto Decadent, ho pensato che forse da officina quelle foto non erano proprio.







Infatti di nudo ce n'è proprio poco (un po' di lingerie sbuca qua e là in modo assolutamente non provocante), e quello che salta all'occhio sono i costumi (un sacco di Dior couture), i luoghi (il tema è Perle d'Oriente, le foto sono sate scattate a Shangai), le bellissime modelle e i colori tenui delle ambientazioni.

Gli scatti di Patrick Demarchelier sono delicati e bellissimi, e a mio avviso hanno ben poco a che fare con lo stile volgarotto anni novanta di qualche calendario fa (ecco, mi spice ma non sono proprio per i nudi da Calendario Pirelli, ora che mi sono fatta la mia ricerca e mi sono guardata le passate edizioni).

Il mio mese preferito è Dicembre: la modella brasiliana Caroline Trentini avvolta dai toni pastello, capelli acconciati con una foglia di cavolo (che, per quanto assurdo possa sembrare, è una goduria per la vista).


[Tutte le foto, Calendario Pirelli Perle d'Oriente by Patrick Demarchelier da Foto Decadent]