Saturday, February 23, 2008

UNA BLOGGER PIVELLA ALLE SFILATE - CRONACA SEMICOMPLETA



Non ho mai raccontato com'è andata a finire la mia avventura alle sfilate. Ora, dopo due settimane e una marea di stress, ho pensato che fosse l'ora di raccontare (quel che mi ricordo) di quel poco che ho visto per poi passare ad altro (perchè ho un miliardo di cose su cui bloggare, ma mi pareva giusto chiudere il discorso London Fashion Week prima!).

Sebbene all'inizio mi sia trovata non poco fuori posto alle sfilate londinesi (dovete capire che vedere tutti questi fashion editors bellissimi e ottimamente abbigliati salutarsi calorosamente con baci e abbracci e non conoscere nesusno non è esattamente incoraggiante), sono lo stesso riuscita a tirare fuori qualcosa di buono, tanto che alla fine qualcuno si è pure ricordato la mia faccia, e qualcun'altro (vedi Hilary Alexander, genio assoluto del giornalismo di moda britannico, che a quanto pare credeva di conoscermi benissimo quando mi ha salutata con un sorrisone) ha quasi creduto che fossi un' insider.

Innanzitutto, scoprire che in quasi tutti gli uffici di PR c'è qualcuno che si chiama SARAH mi ha aiutata molto. Presentarsi alla porta di una sfilata dicendo "Sarah mi ha detto che era troppo tardi per mandarmi l'invito, dovrei essere sulla lista" può garantire l'ingresso quando non si ha l'invito nè si è sulla lista (ovviamente questo sistema non è stato provato con nomi quali Vivienne Westwood o Paul Smith, con i quali dubito comunque che funzioni). Quando poi qualche omone della sicurezza o qualche PR (ovviamente non Sarah) inacidita voleva sapere dettagli, ecco un nome italiano lunghissimo (per l'occasione mi sono aggiunta un paio di congnomi), pronunciato in un accento fortissimo, che ha lasciato tutti spiazzati e ha garantito a me l'ingresso anche dove non srei dovuta entrare (purtroppo solo da Ben De Lisi, nessun volto conosciuto e collezione bruttina).



Passando alle sfilate in sè, nulla di quello che ho visto mi ha fatto gridare "WOW!", a parte forse Poltock & Walsh che hanno presentato delle cose interessanti in termini di colori (palette che va dal verde bosco al prugna al grigio su creazioni geometriche) e accessori (piume su scarpe, cerchietti e occhiali, bellissimo).




Qualcosa di bello c'era anche da Jean-Pierre Braganza (sì ad abiti strutturati nei toni del nero e grigio, no al tartan fuxia) ed Emilio de la Morena (sì a colli vittoriani di feltro grigio, no a semi-pigiami dai colori azzurro e rosso). Abbastanza interessante, da Betty Jackson, un bavaglino/pettorino ricorrente, una sorta di sottomaglia o copricollo in paillettes multicolore, accessorio utile per dar vita a capi basici. Da Betty Jackson ho anche finalmente visto una decente front row: Alexandra Shulman di Vogue seduta accanto a Jess Cartner-Morley di The Guardian seduta accanto ad Hilary Alexander del Daily Telegraph (tutte un po' annoiate ed una addirittura sbadigliante allo sfilare della collezione), Cherie Blair con figlie seduta poco più in là e una BELLISSIMA Erin O' Connor all'ingresso della passerella (che a fine sfilata sono andata a guardare più da vicino mentre paparazzi impazziti le scattavano foto a tutto spiano, e la mia faccia dev'essere stata proprio da ebete, dato che mi ha sorriso e fatto ciao con la mano).

Molto sconvolgente è stata la vista dei bambini portati alle sfilate dalle loro mamme fashion editors: pargoli abbigliati all'ultima moda (o anche con mode non ancora arrivate a noi mortali) e perfettamente consci della loro "posizione sociale", dal loro posto regolare in prima fila. Non ho scattato foto di questi mini-demoni delle sfilate, ma fortunatamente su Stylebubble è affiorata la foro di due bimbe presenti alla sfilata di Jean Pierre Braganza: credo che la foto si commenti da sola.

Mi aspettavo buffet più ricchi, invece ho solo potuto "scroccare" selezioni di brioches e muffin e succo di frutta - di cui peraltro non mi lamento. Un'amica mi ha fatto notare che non siamo in Italia, dove le sfilate arrivano in coppia con sontuosi buffet da decine di portate (ma forse c'erano anche a Londra ma io non vi ero invitata?).

Per concludere, è stata una bellissima mini-esperienza (tanto che a guardare le foto delle sfilate/feste a cui non sono stata invitata e non ho provato ad entrare provo un diffuso senso di invidia, come se avessi dovuto esserci), e ora che so come raggirare i PR (o farmi invitare rgolarmente) ho deciso che ritenterò a Settembre, per mettere in pratica tutto quello che ho imparato.

3 comments:

Kissaki said...

Ecco Rosa, per incrementare le tue dosi potresti combinare degli inviti per un povero ragazzo dell'Upper East Side italiano ed in cambio vedrai che i buffet aumenteranno a dismisura!!!!

Benny said...

oooh...aspettavo questa cronaca!!grandissima!e questo è solo l'inizio...
bebe

erik said...

ciao, ma come si può entrare alle sfilate milanesi??
Avete qualche idea?